Malattia di Parkinson

Si tratta di una malattia neurodegenerativa ad evoluzione lenta ma progressiva, che coinvolge principalmente il sistema del movimento chiamato “extrapiramidale”. L’età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, ma circa il 5 % dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni. La causa è da ricercare nella degenerazione di neuroni che si trovano in aree profonde del cervello, note come gangli della base, che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti. La patologia esordisce dopo molti anni dall’inizio della neurodegenerazione, quando i neuroni della “sostanza nera”, che secernono il neurotrasmettitore “dopamina”, sono consistentemente ridotti. La neuro degenerazione è alla base dei sintomi motori e non motori.

I principali sintomi motori della malattia di Parkinson sono:

  • Tremore a riposo: si presenta a riposo (quando la persona non compie movimenti), solitamente all’esordio della malattia interessa un solo arto ed è detto “a contar moneta” per il caratteristico movimento delle dita.
  • Rigidità: è un aumento del tono muscolare per la contrazione contemporanea di gruppi muscolari antagonisti (ad esempio flessori ed estensori). Può manifestarsi agli arti, al collo ed al tronco e solitamente esordisce da un lato del corpo.
  • Bradicinesia: è un rallentamento nell’esecuzione dei movimenti.
  • Instabilità posturale: è causata dall’atteggiamento ricurvo in avanti del soggetto con difficoltà a mettere in atto i movimenti di raddrizzamento che permettono di mantenere il baricentro del corpo. La riduzione di equilibrio è un fattore di rischio per le cadute a terra.

Dopo alcuni anni di trattamento della patologia con farmaci antiparkinsoniani si possono manifestare 2 classi di fenomeni motori:

  • Le discinesie caratterizzate da movimenti involontari che si presentano solitamente dopo 10 anni di terapia.
  • Le fluttuazioni motorie caratterizzate da un ritardo/assenza di risposta in seguito alla somministrazione di farmaci prima efficaci (il farmaco fa effetto in ritardo o non fa effetto), oppure da una risposta limitata nel tempo (il farmaco smette di fare effetto prima causando un blocco motorio).

Nella malattia di Parkinson si possono presentare anche fenomeni non motori:

  • Stipsi: rallentamento della cinesi gastro-intestinale che può presentarsi molti anni prima della comparsa dei sintomi motori.
  • Disturbi urinari: ridotto svuotamento vescicale con residuo post minzionale e conseguente aumento della frequenza dello stimolo ad urinare.
  • Disfunzioni sessuali: negli uomini la difficoltà a raggiungere l’erezione o l’impossibilità a mantenerla possono far parte del quadro clinico della malattia.
  • Disturbi della pressione arteriosa: possono manifestarsi episodi d’ipotensione arteriosa solitamente al passaggio dalla posizione seduta a quella eretta (ipotensione ortostatica) o di ipertensione arteriosa. In molti pazienti l’ipotensione ortostatica non necessita di alcuna terapia farmacologica, ma solo di alcune misure pratiche quali sdraiarsi con le gambe sollevate, indossare calze elastiche, mobilizzare le gambe, bere molta acqua. Nei casi più gravi, visto il rischio di cadute in occasione degli episodi d’ipotensione, occorre utilizzare farmaci oppure modificare la preesistente terapia anti-ipertensiva, ove praticata.
  • Iposmia: riduzione dell’olfatto (capacità di avvertire gli odori), che esordisce molti anni prima delle manifestazioni motorie.
  • Disturbi del sonno: sono molto frequenti e si manifestano sia all’esordio della malattia che durante il suo decorso. Le manifestazioni sono molteplici e vanno dall’insonnia (difficoltà all’addormentamento) agli RBD (disturbo comportamentale nella fase del sonno REM che si manifestano con esagerata agitazione durante il sonno e tendenza a muoversi, scalciare, vocalizzare).
  • Sindrome delle gambe senza riposo (restless legs sindrome, RLS): alcuni pazienti avvertono un fastidio alle gambe, associato alla necessità di muoverle continuamente. Questo disturbo compare e s’intensifica durante le ore serali e notturne.
  • Disturbi dell’umore, dell’affettività e del comportamento: tra questi la depressione è molto frequente nella malattia di Parkinson sia in fase iniziale che avanzata. Spesso si manifesta diversi anni prima dell’esordio dei disturbi motori. La diagnosi non è sempre facile, perché alcuni segni di depressione si sovrappongono a quelli della malattia di Parkinson (come affaticamento, ipomimia, apatia). La depressione si può manifestare con umore deflesso, affaticamento, disturbi del sonno, modifiche dell’appetito, disturbi di memoria. Solitamente la terapia antiparkinsoniana è sufficiente a controllare anche i disturbi dell’umore. Il disturbo d’ansia si manifesta con un senso di apprensione, paura, preoccupazione e può precedere di anni i disturbi motori. L’apatia è un sintomo piuttosto frequente e spesso (circa nel 20% dei casi) si associa a depressione. Il paziente lamenta uno stato d’indifferenza emotiva, con mancanza di volontà a svolgere od intraprendere una qualunque attività. Disturbi da discontrollo degli impulsi comportano la ripetizione di azioni mirate alla ricerca di piacere e di gratificazione, come l’assunzione eccessiva di cibo, il gioco d’azzardo, lo shopping compulsivo, l’ipersessualità o la dipendenza da internet.
  • Disturbi cognitivi: si manifestano solitamente nello stadio avanzato della malattia e negli anziani. Quando si riscontrano precocemente nel decorso della malattia (cioè entro un anno dall’esordio dei sintomi motori) si può parlare di malattia da corpi di Lewy (DLB). Nella DLB si manifestano allucinazioni visive e fluttuazioni delle prestazioni cognitive, quali attenzione, capacità visuo-spaziali e funzioni esecutive. 

La diagnosi di malattia di Parkinson si avvale di una valutazione clinica (neurologica) e di esami strumentali mirati quali Risonanza magnetica nucleare, DAT-SCAN, PET cerebrale e scintigrafia del miocardio che possono essere utili, in casi selezionati, per la diagnosi differenziale. La diagnosi, infatti, comporta l’esclusione di altre patologie tra cui:

  • Tremore essenziale: forma di tremore non accompagnato da bradicinesia; il tremore, a differenza di quanto avviene nella malattia di Parkinson, non si manifesta a riposo ma durante il movimento (ad es. quando il paziente porta una tazzina alla bocca). Solitamente c’è familiarità per tremore essenziale e si può presentare anche in un’età più precoce. Nei casi clinicamente dubbi può essere dirimente il DAT-SCAN.
  • Parkinsonismi come l’Atrofia Multi Sistemica (MSA), Paralisi Sopranucleare Progressiva (PSP), Degenerazione Cortico Basale (CBD), Demenza Fronto Temporale (FTD). Sono tutte patologie che si presentano con una sindrome simile a quella di Parkinson. Nella diagnosi differenziale può essere utile la risonanza magnetica, la PET cerebrale e la scintigrafia miocardica.
  • Parkinsonismi farmaco-indotti: alcuni farmaci possono indurre sintomi “parkinsoniani” in persone non affette dalla malattia; inoltre, possono aggravare il Parkinson se vengono assunti da pazienti che ne sono già affetti. Questi farmaci appartengono alle seguenti categorie: antipsicotici tipici (per esempio aloperidolo, clorpromazina, flufenazina), farmaci anti-vomito (per esempio metoclopramide, levosulpiride) e farmaci anti-ipertensivi (per esempio reserpina, alfa-metil-dopa).
  • Parkinsonismo vascolare: causato dalla sofferenza ischemica delle aree cerebrali deputate al controllo dei movimenti (gangli della base). Si può verificare nelle persone affette da malattie cerebro-vascolari. Spesso si associa a demenza vascolare e storia di ictus.

Oltre alla classica terapia farmacologica esistono approcci più innovativi, proposti in casi selezionati (quando la terapia farmacologica classica non funziona). Tra questi l’Infusione duodenale di levodopa che permette di portare il farmaco direttamente al sito di assorbimento intestinale, in modo continuo, attraverso una gastrostomia percutanea, tramite un sondino gastro-duodenale. Questo trattamento è indicato in pazienti con Parkinson complicato da blocchi motori o non motori e movimenti involontari, che non rispondono all’infusione continua di apomorfina sottocute in pompa o che non possono essere sottoposti a intervento di stimolazione cerebrale profonda (DBS). La stimolazione cerebrale profonda prevede l’inserimento di un elettrodo in un punto definito del cervello attraverso un intervento neurochirurgico. L’elettrodo ha la funzione di stimolare quelle aree cerebrali colpite dalla degenerazione neuronale, caratteristica della malattia di Parkinson.

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