Fattori di rischio cardiovascolari

I fattori di rischio aumentano la probabilità d’insorgenza di una malattia. Le malattie cardiovascolari come l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale, riconoscono un’eziologia multifattoriale, cioè più fattori di rischio contribuiscono contemporaneamente al loro sviluppo con un effetto moltiplicativo e non additivo. Questo vuol dire che se sono presenti più fattori, il rischio che ne deriva non è pari alla somma del rischio derivante da ogni singolo fattore, ma al loro prodotto. Alcuni fattori di rischio sono modificabili, dunque si può fare prevenzione.

Prevenire vuol dire agire prima che un determinato evento si verifichi, prima della comparsa della malattia, contrastandone i fattori che la determinano.

I fattori di rischio non modificabili sono:

  • Età: il rischio aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età;
  • Sesso: gli uomini sono più a rischio delle donne fino a 50 anni, dopo la menopausa il rischio aumenta nelle donne;
  • Familiarità: predisposizione personale ad una patologia cardiovascolare.

I fattori di rischio modificabili, su cui si può agire per fare prevenzione, possono essere modificati attraverso interventi sullo stile di vita o mediante l’assunzione di farmaci. 

  • Fumo. Il fumo, oltre ai prodotti della combustione cancerogeni, contiene nicotina che accelera il battito cardiaco, monossido di carbonio che diminuisce la quantità di ossigeno presente nel sangue e favorisce lo sviluppo dell’aterosclerosi.
  • Ipertensione arteriosa. La pressione arteriosa elevata, causando irrigidimento delle pareti dei vasi arteriosi, costringe il cuore a pompare il sangue con più forza, ne consegue un sovraccarico del ventricolo sinistro e un aumento delle richieste energetiche del miocardio.
  • Ipercolesterolemia (aumento della colesterolemia totale ed in particolare del colesterolo LDL). Il colesterolo in eccesso si deposita nella parete delle arterie formando le placche ateromasiche, espressione di aterosclerosi. Le placche creano restringimenti focali delle arterie denominati stenosi. Fino ad una determinata percentuale di stenosi la portata del vaso non si modifica in quanto la riduzione del calibro viene compensata da un’accelerazione del flusso sanguigno, oltre una certa percentuale di stenosi si verifica invece una riduzione della portata e quindi una diminuzione della quantità di sangue che raggiunge gli organi. La conseguenza che ne deriva dipende dall’organo colpito. Una stenosi arteriosa a livello renale può determinare ipertensione arteriosa, a livello cardiaco genera cardiopatia ischemica, a livello cerebrale può esitare in un ictus cerebrale, a carico degli arti causerà affaticamento dopo sforzo, claudicatio (necessità di fermarsi durante uno sforzo), pallore delle estremità (mani/piedi pallidi e freddi). Non tutti i tipi di colesterolo sono dannosi. Il colesterolo HDL, chiamato anche colesterolo buono, ha un ruolo protettivo in quanto contribuisce a ripulire le arterie. Una dieta equilibrata ed uno stile di vita sano possono favorire una riduzione delle placche ateromasiche. La dieta dovrebbe essere ipolipidica (ridurre carni rosse, insaccati, formaggi) includendo almeno 3 porzioni di pesce a settimana (preferibilmente pesce azzurro). La modifica dello stile di vita dovrebbe includere almeno 2,5 ore settimanali di attività fisica aerobica continuativa, meglio se ripartite in 3 sedute da 45 minuti ciascuna (ad esempio camminare a passo svelto, correre, fare jogging).
  • Diabete. Il diabete, se non correttamente controllato, favorisce l’aterosclerosi e danneggia le pareti arteriose, i nervi periferici, il rene, il cervello, il cuore e la retina dell’occhio. Talvolta si tende a sminuire il peso del diabete come fattore di rischio. Spesso si sente dire: “ho un po’ di zucchero nel sangue”, ma il diabete non è solo questo. La glicemia (concentrazione del glucosio nel sangue) è un parametro che ci permette di quantificare la disfunzione del sistema di controllo glicemico, ma il danno che ne deriva non può essere calcolato con precisione. Una glicemia elevata danneggia le arterie, l’apparato di filtrazione renale, la retina, il cuore, il cervello e i nervi periferici. La sinergia del danno vascolare e nervoso sono responsabili delle ulcere agli arti inferiori, degli infarti, della cecità e degli ictus.
  • Fibrillazione atriale. La fibrillazione atriale è la più frequente aritmia cardiaca che si presenta in persone con età solitamente superiore ai 50 anni. Si tratta di un fattore di rischio importante, in quanto causa di embolia. Nell’atrio sinistro dei soggetti affetti da fibrillazione atriale si formano dei trombi (coaguli di sangue) che possono andare in circolo sotto forma di emboli e causare un ictus cardio-embolico. La cardioembolia può essere contrastata con farmaci anticoagulanti.
  • Inattività fisica. L’attività fisica promuove la perdita di peso, migliora le prestazioni del cuore, la perfusione del cervello e contribuisce a ridurre i livelli di colesterolo “cattivo” (LDL) nel sangue.

 Altri fattori di rischio modificabili sono: l’aumento dell’IMT (intima-media tickness) e le placche ateromasiche dell’arteria carotide (IMT e placche possono essere studiate tramite l’eco-color-doppler dei tronchi sovraortici), le OSAS (apnee ostruttive del sonno), l’aumento dell’omocisteina plasmatica (iperomocisteinemia), la pervietà del forame ovale (PFO). Quest’ultima è una condizione riscontrabile nel 25% della popolazione e consiste in un difetto della parete cardiaca che separa l’atrio destro dal sinistro; può essere responsabile di embolia e di ictus. In soggetti asintomatici la presenza di un forame ovale pervio non ha significato patologico e non va trattato (né dal punto di vista medico, né chirurgico).

 

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